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Odia gli stupidi: L’Ape Maia in concerto

 Titolo: L’Ape Maia in concerto
Sigla della serie:
L’Ape Maia (Mitsubachi Maya no Boken, 1973)
Parole:
Enrico Vanzina
Musica:
Marcello Marrocchi e Vittorio Tariciotti
Cantata da:
Katia Svizzero
Produzione:
Cetra
Anno: 1980

 

 

 

 
L’Ape Maia è probabilmente una di quelle serie che hanno avuto più popolarità in Italia che in Giappone, per il suo spirito educativo a valori quasi occidentali che piace tanto ai genitori. Non stupisce quindi che ben tre sigle siano state dedicata al simpatico e biondo insetto; una in particolare, la sigla di coda della seconda serie, ha attirato l’attenzione di noi Odiatori degli Stupidi. Si tratta del tragico Concerto dell’Ape Maia.

 

Vola vola a casa l’ape Maia,
  dopo un viaggio nel Perù,
  ha comprato un flauto e una chitarra
  per il bruco e la farfalla blu.

La canzone ha un impianto surreale, e quindi in parte alcune immagini ardite e alcuni passaggi semantici audaci potrebbero essere perdonati. Ma la tentazione di ridicolizzare è davvero troppo forte, e noi siamo troppo deboli per resistere. E allora: l’Ape Maia è un’ape in un prato fiorito, presumibilmente giapponese o tedesco (giacché la serie è tratta da una serie di racconti dei mangiacrauti). Eppure quest’ape va nel Perù. A far cosa? Lavoro? Turismo? A trovare dei parenti? Si ficca in un aereo come clandestina o viaggia volando oltreoceano? Possiamo inoltre immaginare la nostra amica mentre, nei pressi di Machu Picchu, si reca in un negozio di souvenir per comprare oggetti tipici delle Ande, appunto strumenti musicali quali flauti e chitarre. Naturalmente, nella serie nessuno suona mai strumenti simili!

Ha portato un etto di torrone,
  per la pace con il calabrone,
  sotto l’albero della festa,
  questa sera ci sarà una orchestra!

Se nella quartina precedente si poteva fare lo sforzo di immaginare che a Machu Picchu ci fosse una bottega che vendesse strumenti di dimensioni apesche, il primo verso della seconda non lascia spazio a dubbi: un etto di torrone.

Ora, possiamo figurarci un’ape che pesa meno di un decimo di grammo che ne trasporta cento in dolciumi, oppure possiamo immaginare che si sia affidata ad un corriere peruviano per trasportare il prelibato dolciume in Giappone, oppure più semplicemente possiamo insultare senza pietà l’autore della canzone. Curioso lo scopo di tale petit cadeau: far pace con un certo calabrone. Invero non risulta, nella serie, che i calabroni recitino un ruolo di cattivi a differenza dei ragni, delle vespe o degli uomini. Si tratterà di una storia dell’Ape Maia mai raccontata.

Come conseguenza, quindi, sotto l’albero della festa (immagine che ricorda molto i finali degli albi di Asterix) ci sarà una meravigliosa orchestra costituita da un flauto ed una chitarra. Faranno Stairway to Heaven tutta la sera. Da mangiare, torrone per tutti, se il calabrone è abbastanza generoso.

L’ape Maia danzerà nel cielo,
  ed il grillo canterà dal melo,
  la lumaca ballerà con il ragno peloso,
  un tango curioso e la mosca riderà

Ed eccoci al ritornello che è la descrizione della festa. Tornando al paragone col festino di Asterix, si può immaginare che il grillo sia l’Assurancetourix del caso, visto che, poverino, è stato isolato su un melo (che probabilmente non coincide con l’albero della festa) e da lì continua a cantare!

La mosca ha poco da fare la furba a deridere il ragno per le sue abilita’ danzerecce e la scelta del partner: prima o poi verrà presa nella tela, ed allora vedremo chi ride!

La formica suonerà un tamburo,
  con il ritmo, al passo del canguro,
  ed il lombrico ballerà con il millepiedi,
  pestandogli i piedi e la mosca riderà

Qui scopriamo che l’orchestra non si limita ai due strumenti citati, ma c’è anche un tamburo. Ok, Stairway to Heaven continua ad essere il miglior candidato, e si può anche fare la parte più rock verso la fine. Incomprensibile il secondo verso: "con il ritmo, al passo del canguro" non significa nulla, né sintatticamente né semanticamente. L’ascoltatore, ancora tramortito da queste vette, viene poi finito dall’immagine del lombrico che pesta i piedi ai millepiedi, e dalla solita mosca gaia (che non sa che, nel frattempo, il ragno sta studiando i suoi movimenti per tessere la tela nel luogo e nel momento giusto).

ha ha ha ha ha ha ha

Ridi, ridi, che la mamma ha fatto i gnocchi (di cacca). Il ragno riderà per ultimo, e riderà bene.

Vola vola a casa l’ape Maia,
  di ritorno dal Perù,
  compra un piffero sull’Himalaya
  ed il miele a Cefalù

Sempre nell’ipotesi che il Prato Fiorito sia in Giappone, abbiamo quindi che il percorso di ritorno dal Perù passa dall’Himalaya, terra di grandi pifferi, e da Cefalù, in Sicilia. Solo gli stolti potrebbero pensare che la scelta sia caduta su toponimi che fanno rima. Wikipedia potrà dimostrare (se si corregge la voce apposita) che le api migratrici dal Perù al Giappone non si limitano ad attraversare il Pacifico, ma varcano l’Atlantico, si fermano in Trinacria e proseguono per l’Asia evitando accuratamente le ampie pianure per passare dalle parti dell’Everest. Tutto questo è perfettamente ragionevole, e la situazione non cambia molto se posizioniamo la nostra pecchia in terra crucca.

Ma soprattutto, maledetto insetto sfaticato, il miele fattelo tu, e non comprarlo in giro per il  mondo! E se sei una bottinatrice, porta il polline a chi di dovere!

Sotto il riflettore della luna,
  senza nuvole, ma che fortuna,
  le ranocchie ad una ad una,
  fanno salti di felicità

Qualcosina di buono ci sarebbe in questa strofa. L’immagine della luna come riflettore per una festa di insetti è abbastanza efficace, e sarebbe discreta è anche quella delle rane che saltano per la felicità. Il problema per quest’ultima è che l’unica ragione per cui le ranocchie possono essere felici è  l’abbondanza di cibo (gli insetti, appunto) radunato tutto insieme. Due stupidate poetiche, inoltre, sono il "senza nuvole" riferito alla luna, un po’ troppo azzardato, e "ad una ad una" riferito alle ranocchie. L’immagine delle ranocchie che saltano una per una, in una sorta di danza sincronizzata, è incompatibile con i salti di gioia sono per definizione spontanei e quindi non organizzati.

[Ripete il ritornello]


  pestandogli i piedi e la mosca riderà …
  ha ha ha ha ha ha ha

Ridi, ridi…

Poche canzoni che non abbiano partecipato a Sanremo hanno dimostrato una tale demenza e una simile mancanza di rispetto per l’intelligenza dell’ascoltatore. C’e’ da essere fieri di poter conoscere l’Ape Maia in concerto.