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Odia gli stupidi: Lupin III

Titolo: Lupin
Sigla della serie
: Le nuove avventure di Lupin III (Rupan Sansei part 2, 1979)
Parole: Franco Migliacci
Musica: Franco Micalizzi
Cantata da: Orchestra Castellina Pasi
Anno: 1982

Forse uno dei personaggi televisivi più popolari in Italia, Lupin ha avuto la ventura di avere ben tre serie animate, a ciascuna delle quali è stata associata una diversa sigla. La prima sigla, legata alla prima serie “giacca verde” del 1971, è forse una delle più belle canzoni associate ad una serie e non c’entra nulla col personaggio: Planet O. La terza, in piena era mediasettiana post-tv private, è associata alla mediocre terza serie “giacca rosa” del 1983, ed è nota come Lupin l’incorreggibile Lupin. La seconda, che tratteremo in questa sede, è il celebre valzer di Lupin, cantato dall’orchestra Castellina Pasi, ed è famosa come “Lupin fisarmonica”, e accompagna la seconda serie “giacca rossa” del 1978.
“Castellina Pasi”, contrariamente a quanto molti credono, non è il nome di una signora ma di un gruppo di liscio fondato negli anni ’60 da Roberto Giraldi, in arte Castellina, e da Giovanni Pasi. Tale orchestra si è trovata in competizione coi Cavalieri del Re per la sigla di un cartone animato che probabilmente è diventato assai più popolare del previsto, e fortunatamente ha vinto.
La musica è di Franco Micalizzi, autore di altre sigle tra le quali Gordian, Trider G7 o Ufo Diapolon, mentre i testi sono del celebre Franco Migliacci, le cui virtù abbiamo già narrato parlando di Heidi.

Che la sigla di Lupin sia assai anomala è chiaro a tutti, e forse proprio per questo è una delle più ricordate se non una delle più amate. In parte ciò è dovuto alla sezione musicale, alla scelta coraggiosa di mettere una musica “da vecchi” in una sigla di un programma destinato ai bambini, ma non è da trascurare anche l’apporto delle liriche.
La canzone di Lupin infatti pone in prima persona la cantante (la voce è di Irene Vioni) che racconta il suo rapporto col ladro gentiluomo. Nel fare questo canterà in qualche modo le lodi del personaggio, ma con un languore e con un filo di ironia che sono rarissimi se non inediti nelle usuali marcette agiografiche.
Ciò non toglie che la sigla abbia altri motivi di interesse, nel bene e nel male. Vediamola nel dettaglio.

1
Chi lo sa che faccia ha, chissa chi è,
tutti sanno che si chiama Lupin,
era qui un momento fa, chissa dov’è,
dappertutto hanno visto Lupin.

C’è la tentazione a rimarcare le piccole contraddizioni con cui inizia la sigla. Come chi è, è Lupin, lo hai appena detto! Come sarebbe a dire che non sai che faccia ha, era qui un momento fa! E se l’hanno visto dappertutto, evidentemente si sa che è Lupin e ha una certa faccia, anche sotto l’eventuale maschera. Ovviamente un’interpretazione così stretta non rende giustizia ai versi che invece sono piuttosto efficaci nel dare l’idea del ladro sfuggente, abile nei travestimenti e quindi inacciuffabile.

2
Ogni porta si aprirà, chissa perché,
se l’accarezza Lupin,
sto tremando qui dentro di me, chi lo sa,
stanotte tocca a me,
Se gioielli e denari e tesori non ho,
a Lupin il mio cuore darò.

Ancora: come sarebbe a dire “chissà perché”? Perché Lupin è un ladro assai bravo e, in quanto tale, è ferrato nell’arte dello scassinamento. Però arriva la parte interessante: una misteriosa narratrice femminile da un lato è terrorizzata dalla visita del ladro (quel tremando è un sintomo tanto di timore che di attesa spasmodica) ma contemporaneamente è attratta dal fascino del ladro gentiluomo. E sa che, in mancanza di gioielli e denari e tesori (bella concordanza) c’è un altro oggetto di interesse per il malandrino in giacca rossa. Il cuore? Beh, più o meno. Ci siamo capiti, suvvia.

 

3
Scivolando come un gatto se ne va,
sopra i tetti sotto i ponti, Lupin,
quanti cani poliziotti ha dietro a sé,
ma sarà un osso duro, Lupin.

Molto buoni questi quattro versi, nei quali riprende il panegirico dell’eroe in questione.
Prima Lupin viene paragonato ad un gatto per il modo in cui si muove (cosa più che corretta). Associato alla metafora felina inoltre c’è la sensazione di movimento libero e felpato, sopra i tetti e sotto i ponti. Perché proprio i ponti? Non saprei, ma suona molto bene.
Come contrasto compaiono i “cani poliziotti”: probabilmente da non intendere in senso letterale ma come una piccola metafora per Zenigata e i suoi colleghi. Lupin è un “osso duro”: si va leggermente oltre il significato comune per la vicinanza semantica e fisica alla metafora canina precedente.

 

4
Ruba i soldi solo a chi ce ne ha di più,
per darli a chi non ne ha,
sembra giusto però non si fa, neanche un po’,
a me però però,
è simpatico e non saprei dire di no,
a Lupin il mio cuore darò…

Le uniche blande stupidate della sigla sono in questi versi. Il rapporto di Lupin coi soldi è sempre stato un po’ ambiguo, nel senso che a tratti appare che il suo interesse verta maggiormente nei confronti delle donne, dell’avventura e del divertimento, ma alla fine fine cerca pur sempre di rubare. E, questo è poco ma sicuro, non si sogna mai di rubare ai ricchi per donare ai poveri. Questa piccola romanticheria, tuttavia, sta bene nell’atmosfera della sigla: non è difficile immaginare la nostra Signora del Mistero che si dipinge Lupin come un novello, scimmiesco Robin Hood. Stride leggermente il giudizio morale che ricorda che è riprovevole rubare sempre e comunque (cosa che, in ogni caso, non è così semplice), mentre successiva è una stupidata poetica, quel “a me però però” che non ha altra funzione che completare il verso. Ricorda vagamente come quel “trottolino amoroso dudu dadada” che tutti ricordiamo con un sentimento misto di affetto e di ribrezzo. Certo, la stupidità del sanremese verso è a un livello che nessuna sigla ha mai raggiunto, per fortuna.
Questi dubbi, comunque, conducono alla conclusione prevista: a Lupin la Signora Misteriosa darà il suo cuore. Avevamo dei dubbi?

[Ripete 4]

Come abbiamo visto, quindi, il fatto che questa sigla sia così memorabile ed amata deriva solo in parte dall’unicità della parte musicale. Anche il testo, sottile e sornione, ha la sua parte: tralasciando qualche piccola caduta di stile, è probabilmente uno dei più efficaci e validi che il Periodo d’Oro delle sigle dei cartoni abbia generato. delle sigle dei cartoni abbia generato.